Gay & Bisex
MERCANTE IN FIERA
di Foro_Romano
10.05.2022 |
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"Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma non mancate di godervela il più possibile..."
Si chinò leggermente per prendere il piatto che avevo consumato e si girò a guardarmi con un luminoso sorriso. Solo in quel momento mi resi conto di lui. Del cameriere, che pure era presente nella sala da pranzo dell’albergo sin da quando vi avevo messo piede, mi accorsi di lui solo allora. Era un ragazzino giovane, sui venti anni, roscio. Si, il tipico roscio con folti capelli ricci ed il viso pieno di efelidi. Mi aveva sorriso e mi aveva trasmesso qualcosa di cui non mi rendevo conto. Ma si, certo, forse la giovinezza, la voglia di vivere, di godersi la vita.
Con un balzo indietro nel tempo mi rividi giovane anche io, con la mia vitalità, i miei desideri da realizzare. E di colpo mi resi conto che ne erano passati tanti di anni. Oramai ero un uomo maturo di 55 anni, sposato e con un figlio di 30 anni sposato anche lui. Dove erano finiti i miei sogni? Si, mi sono realizzato, ho un buon lavoro di dirigente in un’azienda florida, con un più che buono stipendio, ma la mia vita aveva preso tutt’altra strada da quella che mi ero immaginato.
La piccola compagnia teatrale del paese in cui io ed altri amici avevamo dato tutte le nostre energie. I sacrifici a cui ci eravamo sottomessi, con le prove che finivano a tarda notte, ripagati dagli applausi di un pubblico proveniente anche dai dintorni. Quelle prove che duravano mesi per finire poi in pochissime repliche fatte in estate durante le feste del santo protettore.
Nessuno di noi era diventato attore professionista. Avevamo preso tutt’altre strade. Strade che ci avevano allontanato dal paese, da noi stessi. Non ci frequentavamo più, non ci sentivamo più da anni. Eravamo adolescenti con tanta voglia di metterci in gioco. Una frequentazione assidua quella di allora, che ci portava ad essere anche più di semplici amici.
Già! Anselmo! Lo ricordo. Con lui ebbi le prime esperienze sessuali. Casti baci, carezze, seghe in compagnia. Niente di più. Mi piaceva molto, ma erano solo desideri adolescenziali che rimasero quelli che erano.
Ecco! Ecco a cosa mi aveva fatto pensare quel sorriso giovane. Non somigliava affatto ad Anselmo eppure ecco dove era finita la mia mente. Forse dipendeva dalla stanchezza. Ero in missione per la mia azienda nella grande fiera internazionale che si svolgeva ogni anno. Dovevo farmi un’idea e, nel caso, acquistare qualche macchinario innovativo che aiutasse ad aumentare la produzione. Tutto il giorno in giro tra uno stand e l’altro. Colloqui estenuanti coi responsabili. Ero veramente stanco quando andai a cena.
Rimasi un po’ a fissarlo mentre si muoveva per la sala. I suoi movimenti erano studiati, calcolati, eseguiti centinaia di volte. Ora portava due piatti, ora un vassoio, ora una bottiglia. Sempre pronto alle richieste dei clienti. Era professionale, benché così giovane. Ma c’era una cosa che cominciavo a notare. Era inespressivo, non sorrideva mai, almeno non più di tanto. Eppure, a me lo aveva fatto. Con me si era comportato diversamente.
Cosa avevo di diverso dagli altri? Sono un uomo alto, ben piazzato, ancora piacente per molte donne e molte volte mia moglie me lo aveva sottolineato, mentre lei si sentiva invecchiare. Io la rassicuravo che per me c’è solo lei. Non ho più l’età dei colpi di testa.
Mi ha portato il secondo, poi il dessert, sempre con quel sorriso che mi diceva di essere il prescelto. Ritirando l’ultima portata aveva posato una mano sul tavolo, con l’indice che tamburellava in direzione della chiave della mia camera, col portachiavi in ottone dove compariva il numero, dando le spalle alla sala, sussurrando “Tra mezz’ora” e ancora quel sorriso accattivante.
Doveva avermi fatto un artificio. Mi aveva sconvolto il cervello. Che cosa stava succedendomi? Lo desideravo! Io, che dopo quei primi impulsi sessuali non avevo mai nemmeno pensato ad un rapporto con un uomo. Un ragazzo, poi, molto più giovane di me. Di colpo aveva risvegliato in me un’energia sconosciuta, o meglio, assopita dal tempo.
Sono rientrato in camera. Ho riordinato le mie cose, dovendo accogliere una persona. Mi sono fatto una doccia rigenerante ed era come se la stanchezza fosse scivolata via assieme alle gocce d’acqua. Ne ero uscito con l’asciugamano legato in vita giusto in tempo per sentire bussare alla porta. Ho aperto. Era lui, sorridente. Non ha detto nulla. Mi sono scansato per farlo entrare, come con un vecchio amico. Si è seduto sul letto.
“Ciao. Posso stare un po’ con lei?”
Ed io, ancora con la testa confusa, “Ma si, si, fai pure”, e mi sono seduto accanto.
“Mi scusi. Forse sono stato troppo invadente, ma lei mi piace molto”.
Sono rimasto sorpreso di questa sua sincerità, così sicura, decisa. L’ha certamente capito dalla mia espressione.
“E’ che – ha continuato – a me piacciono gli uomini maturi e… in genere… io piaccio a loro. E a lei… piaccio?”
Anche se assurdo, ho risposto subito “Si mi piaci, ma sei così giovane…”
“Che vuol dire! Ho le mie esperienze. Ho 22 anni e sono maggiorenne abbastanza per sapere quello che voglio. Io voglio lei” e mi ha scoccato un tenero bacio sulle labbra.
“Vuoi dire… che vorresti…”
“Si vorrei fare l’amore con lei. Mi piace veramente tanto”.
“Ma potrei esserti padre. Cosa ti aspetti da un uomo come me?”
“Mi aspetto che mi stringa tra le braccia, che mi baci con desiderio, che mi accarezzi tutto il corpo. E io accarezzerei il suo. Le sue spalle, i suoi bicipiti forti, il suo petto villoso”. Accompagnava le parole con le mani, che facevano tutto quello che andava dicendo. “Le prenderei questo in mano e poi tra le labbra”.
Mi aprì l’asciugamano, mettendo a nudo il mio pene. Stava per agguantarlo, ma io gli ho afferrato il polso e l’ho allontanato.
“Piano, piano. Non mi sento pronto a… a fare certe cose con te”.
“Non le piaccio?”, disse imbronciato. Si alzò quanto bastava per spogliarsi dei jeans, della maglietta, delle scarpe, delle mutandine, rimanendo completamente nudo, e si risedette accanto a me. “Davvero non le piaccio?”
“No, no… Anzi” (Che fatica dire quell’anzi).
“E allora? Si lasci andare. Sono pronto per qualunque cosa voglia farmi”.
“Sei disposto a tutto. Vuoi fare certe cose con me e continui a darmi del lei?”
“Si perché voglio sentirmi dominato da lei”.
Lo osservai con curiosità. Aveva una collanina girocollo fatta di piccoli pezzettini di conchiglie rosa che quasi si confondeva con la sua pelle. Un braccialetto rigido un po’ largo nero ed oro, accompagnato da un altro di catenella fine, anch’esso in oro. Non erano gioielli appariscenti ma su di lui ne addolcivano la figura, tutt’altro che femminea, e la rendevano particolarmente attraente.
“Perché io? Che cosa ti piace di me?”
Sorrise e abbassò la testa. “A me piacciono le contraddizioni. Sono giovane e mi piacciono quelli più grandi, come lei. Sono piccolo e mi piacciono quelli molto più alti di me, come lei. Sono roscio e pallido di carnagione e mi piacciono quelli con la pelle olivastra, come la sua. Non ho peli sul viso e mi piacciono quelli con la barba, come lei. Sono gay e mi piacciono quelli convinti di essere etero, come lei. Sono totalmente passivo e mi piacciono quelli attivi e forti, come mi sembra che lei sia. Non è così?”
“Beh, si, lo ero da giovane. E forse…”
“Forse lo è ancora. Non ha che provarlo su di me. Sono a sua disposizione. Mi baci a fondo, si faccia fare un pompino coi fiocchi (come so fare io) e, quando è il momento giusto, mi prenda e mi scopi bene, con forza, senza preoccuparsi del dolore che mi procura (per me è piacere), venendo dentro di me. Sarò al settimo cielo vedendola godere del mio corpo”.
Quella sua descrizione di ciò che avrebbe desiderato mi fece smuovere il cazzo, che andava lentamente gonfiandosi. Mi stava facendo venire veramente voglia di approfittarmi di lui, del suo tenero culetto.
Stavo per dirgli qualcosa. Mi mise un dito sulle labbra. “Shhh”. Si piegò sul mio membro, lo sollevò con tre dita per indirizzarlo alle sue labbra, alla sua bocca, alla sua linguetta.
“Aaahhh” sospirai. Di colpo tutte le mie remore svanirono come brina al sole. Mi puntellai con le braccia al materasso e mi offrii alle sue capacità. Pompava con lentezza roteando velocemente la lingua attorno al cazzo, facendoselo gradualmente entrare sempre più a fondo, fino a rimanere senza poter respirare per qualche secondo. Poi rifaceva il tutto sempre più velocemente. Gli misi una mano sulla testa, tra i folti capelli ricci, e lo accompagnai senza forzarlo. L’altra mano scivolò involontariamente (forse) lungo la sua schiena fino al solco delle piccole natiche, che accarezzai e palpai sempre più intensamente.
Mentre continuava a spompinarmi, allungò un braccio indietro e, afferratosi una natica, la separò dall’altra, invitandomi così a toccargli il buchino. Mi misi l’indice in bocca per insalivarlo e delicatamente glielo posai sopra, forzando dolcemente l’apertura finché metà dito penetrò nella sua tenera carne di adolescente.
Emise un mugolio di approvazione. Allora mi sputai sulla mano, bagnai la sua piccola rosellina e ci infilai tre dita assieme, pentendomene quasi subito. Staccò un attimo la bocca dalla mia mazza ormai dura per sibilare un “Ahhh siii” per poi riprendere il pompino con ancora più energia.
Quindi ho insistito con le dita dentro di lui ed ho forzato la mano sulla sua testa. Stavo perdendo cognizione di quello che facevo. La sua disponibilità mi stava trasformando in un animale. Gli avrei sborrato in bocca senza ritegno, senza avvertirlo.
E lo feci. Una sborrata colossale di quelle che non ricordavo più di poter fare. Vibravo con gli occhi chiusi come una corda di violino e lui gemeva e ingoiava golosamente tutto.
Lo lasciò andare solo quando era completamente ammosciato. Lo rimirò affascinato, rosso e lucido di succhi, poi mi guardò, così, dal basso, e mi sorrise. Gli dette scherzosamente una lunga leccata e si tirò su. Lo guardai grato e gli passai la mano tra i capelli.
“Ne ha fatta tanta, sa? Era buona. Molto” e si è passato lascivamente la lingua sulle labbra umide.
“Sei una troietta eccezionale”.
“Così mi offende. Io sono una vera troia. Lo dica che sono troia, lo dica. Mi piace sentirmelo dire”.
“Come vuoi. Sei troia, una grande, grandissima troia. Mi hai spompato”.
“Lei dice? Ma questo è solo l’inizio. L’aperitivo, diciamo così” e si è chinato di nuovo tra le mie cosce per leccarmi le palle, incurante dei peli che le ricoprivano. Quando erano completamente zuppe di saliva, risalì con la lingua lentamente lungo l’asta fino alla cappella, che prese in bocca. Stava riprendendo turgore, incredibilmente.
“No. Che vuoi fare? Lascia stare. Non posso venire un’altra volta. Non ho più l’età. Non ti basta quella che hai bevuto?”
“Ma non voglio berla. Questa volta voglio che me lo sbatta per bene nel culo e me la spari direttamente nella pancia”.
“Ma non ce la farò mai. Ci vorrebbe un miracolo”.
“Ecco, vede? Io faccio miracoli”. In effetti il cazzo mi stava tornando duro nella sua bocca e io tornavo a non capirci più niente. Poco dopo ce l’avevo ancora di marmo. Si mise a pecorina sul letto tenendosi aperte le chiappette con le mani e offrendomi il suo piccolo buchino del piacere. Ci affondai la faccia, incurante del fastidio che la mia barba non rasata poteva procurargli. Lo slinguazzai con trasporto bagnandolo abbondantemente di saliva.
“Si, si, siii. Ahhh, che bello. Siii. Dentro, me lo metta dentro. Adesso, adesso. Lo voglio, lo voglio. Voglio essere inculato. Forte, forte. Adesso, la prego”. Si contorceva dal desiderio, da un’incredibile voglia libidinosa.
“Vuoi che ti scopo, lurida troia? Lo vuoi nel culo, puttana? Ecco, prendi”.
Non ragionavo più. Era tornato duro come la roccia. Glielo ficcai dentro con due forti spinte. Sapevo di averlo grosso ma non mi preoccupai affatto. Urlò nelle lenzuola, mentre io grugnivo dal piacere della conquista.
Presi a pomparlo senza tregua, tenendolo ben fermo per i fianchi. A volte mi inarcavo nella spinta guardando in alto, altre volte, abbassando lo sguardo e vedendo il suo piccolo corpo indifeso sotto di me, col grosso cazzo che gli sfasciava il buco e lo riempiva senza sosta, mi eccitavo ancora di più e ci davo dentro come un pazzo.
Il ragazzino gemeva, sbavava e gridava contro le lenzuola. Mi incitava a chiavarlo sempre più forte.
“Siii, così, forte, forteee. Ahhh, come mi sento troiaaa. Sono la sua troia, signore, la sua puttana. Mi faccia sentire il cazzo che mi sfonda. Siii, ahhh, così, cosììì”.
“Prendilo tutto, piccola zoccola rottainculo. Ti piace eh, cagna da monta”.
Non capivo quello che dicevo. Non mi era mai capitato di esprimermi così. Non mi sarei mai permesso così con nessuna donna, ma lui era diverso. Lui mi istigava quegli epiteti. Erano adatti alla situazione di estrema dominazione.
Sono stato brutale come mai prima di allora, nelle parole come nelle azioni. L’ho fottuto a lungo. Gliel’ho sfilato di colpo facendolo urlare. L’ho girato supino e gliel’ho risbattuto dentro con una sola spinta. Lo fottevo e lo coprivo di insulti e lui ne godeva, e anche io con lui. Era evidente. Il suo viso innocente era contratto dal dolore ed esaltato dal piacere. Io dovevo sembrargli una bestia infuriata. Io il toro e lui la vacca. Il suo cazzettino, sbatacchiato dalle mie spinte, sbavava sperma in tutte le direzioni.
Giunsi a non poterne più, un ultimo feroce affondo e gli sono esploso dentro abbattendomi su di lui, con la faccia sulla sua spalla destra. Guancia a guancia, sospirandogli i miei rantoli nell’orecchio. Ero scosso da spasmi ad ogni fiotto di sborra che gli sputavo nelle viscere per un tempo che sembrò infinito. Una sborrata eccezionale che non ricordavo più di poter fare.
Terminai che avevo il cuore a mille. Il cazzo è sgusciato fuori dal buco slabbrato. Tutto il casino che avevamo fatto si è trasformato in un silenzio durato qualche secondo fino a che il ragazzino, resosi conto di essere pieno di sborra, ha cominciato a vibrare sotto di me e, gemendo, è venuto tra le nostre pance, mentre il suo sfintere rilasciava tutto il succo biancastro col quale gli avevo riempito il culetto.
Ripresomi, gli ho accarezzato la tempia e l’ho baciato teneramente, con affetto. Quindi mi sono sollevato per permettergli di respirare. Lo avevo completamente schiacciato sotto il mio peso.
Mi sono sdraiato al suo fianco. Ancora dovevo riprendermi. Ha fatto aderire il suo corpo al mio, con la testa poggiata sulla mia spalla, il naso a respirare l’afrore delle mie ascelle sudate, la piccola mano che indugiava tra i ricci del mio petto peloso.
“Visto paparino? Non mi ero sbagliato. Lei era quello giusto”.
“La fiera finisce tra due giorni”, dissi con una punta di amarezza.
“Vuol dire che abbiamo ancora due giorni da sfruttare”.
“Lo sai che posso solo la sera e poi non so se ce la farò a reggere il ritmo. Veramente, non so come ho fatto a trovare le energie sufficienti stasera”.
“Merito mio”, disse con una malcelata soddisfazione. “Però poi dovrò aspettare un anno per rivederla”.
“Beh, potrei inventarmi una qualche trasferta d’ufficio ogni tanto. Troverò il modo di allevarti come si deve, piccolo mio”. E così è stato per un paio di anni.
(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma non mancate di godervela il più possibile. Buona sega a tutti).
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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